Training from the BACK of the Room - Esperimenti ed esperienze

Di seguito la trascrizione della chiacchierata su Training from the BACK of the Room! (di seguito TBR) che si è tenuta il 28 giugno 2024 in diretta con alcuni alumni del corso: hanno partecipato Anna Lombardi, Giacomo De Luca, Valentina Vantaggiato, Cristina De Toni e Giada Trovato.
In diretta con noi anche Marco Dussin, docente dell’edizione italiana del corso, di cui si sono svolte due edizioni in presenza a Milano (giugno 2023 e aprile 2024). Si è trattato dei primi corsi di TBR in Italia e in italiano in assoluto.

L'intervista è stata leggermente modificata per adattarla al formato scritto.


Avanscoperta: partiamo con una breve introduzione di cosa è TBR, giusto per dare un po' di contesto a chi ci guarda, e poi dritti verso un'attività che è anche parte integrante di TBR stesso.
Oggi abbiamo con noi delle persone che si sono cimentate nel voler sperimentare un nuovo modo di apprendere, far apprendere, trasmettere conoscenza e imparare a facilitare questi processi. Per cui vogliamo raccontare come è andata nelle esperienze dirette di chi ha fatto il corso e poi ha provato a mettere in pratica quanto appreso nel proprio contesto.
Marco, iniziamo: cosa è TBR in due parole?

Marco: Training from the BACK of the Room! è qualcosa di estremamente semplice nel modo in cui lo facciamo, e cioè: andiamo a riscoprire che cosa significa imparare per davvero e lo facciamo tramite un corso che a sua volta è un modo per insegnare e re-imparare qualcosa per davvero.

In questo modo riscopriamo come alcune modalità di apprendimento utilizzate dal nostro cervello siano estremamente semplici, a volte le riteniamo così giocose e pratiche da essere quasi banali, ma in realtà, mettendole una dopo l'altra, e soprattutto strutturandole sfruttando alcune metodologie o modi per mettere le cose in ordine, andiamo ad aiutare ad apprendere le persone che partecipano in aula con noi.

In particolare, e ci tengo a sottolinearlo, non lo facciamo solo se siamo dei docenti, ma lo facciamo anche in qualsiasi contesto dove sia necessario condividere conoscenza.
E questo riguarda gran parte dei lavori che ci troviamo a fare oggi, nel 2024: in realtà trasmettere la conoscenza, raccontarsi le esperienze, fare le domande in una maniera opportuna o rispondere alle domande in una maniera pratica che permetta alla cose che impariamo di fissarsi nella nostra mente - ecco che questo può diventare strategico e interessante.

Quindi il riassuntone è che:

si tratta di un corso estremamente pratico, di un’enorme cassetta degli attrezzi con tanta roba, e infatti a breve le partecipanti e i partecipanti ci racconteranno che a volte la sensazione è quella di un sovraccarico cognitivo, ci sono troppe cose che si possono fare… in realtà, con questa cassetta degli attrezzi, scegliendo opportunamente le cose e combinandole con creatività tra di loro, è possibile strutturare esperienze di scambio di conoscenza più significative, più interessanti e più efficaci.

O almeno questo è quello che in genere ci dice chi poi comincia a sperimentare dopo aver fatto il corso TBR, e non lo dico io: a breve ce lo racconteranno.

Avanscoperta: grazie mille Marco. Intanto hai già toccato uno dei punti fondamentali, ossia: TBR non è qualcosa solo per chi ha come titolo professionale insegnante, docente o coach, ma si applica con tantissimi ambiti, e lo vedremo tra poco.
Quindi ti chiederei di introdurci alla prima attività: priming e connection. Cosa stiamo per fare con i nostri panelists per far sì che si presentino?

Marco: l'idea è molto semplice. Molto spesso quando ci ritroviamo con altre persone, che siano incontri di persone oppure online, si comincia facendo il giro di tavolo. Il che è molto gentile nei confronti delle varie persone perché così tutti si presentano e dicono qualcosa su di sé.
Ma dall'altra parte, quando partecipi al giro di tavolo, dopo la quarta persona che si presenta, cominci a fare clic con il cervello, come se lo spegnessi, e questa è esattamente una delle modalità che il nostro cervello mette in campo perché non ritiene più interessante ciò che sta succedendo, e magari ha pure ragione, e in qualche maniera smetti di memorizzare, di controllare e di ascoltare. Io in queste situazioni per esempio memorizzo massimo un paio di nomi e mi ricordo vagamente quello che succede.

Quindi l'attività che abbiamo pensato per oggi è un giro di tavolo un po' diverso, ossia un giro di tavolo che usa la metafora del passarsi la palla come scusa per poter raccontare non soltanto chi siamo, ma anche come possiamo cercare di applicare, e come i partecipanti hanno applicato, TBR al loro contesto.

E allora iniziamo: io passerei la palla ad Anna.

Anna: ciao a tutti, sono Anna Lombardi, lavoro in Essere Agile. Ho partecipato alla prima edizione in presenza a Milano (ottobre 2023), e ho applicato sin da subito il metodo, e forse da un punto di vista ne ho anche abusato.

Durante i nostri workshop, abbiamo cercato di ricostruire tutte le attività da zero, utilizzando, applicando e provando tutti i metodi e tutti gli strumenti a nostra disposizione. Abbiamo interamente ricostruito un workshop di una giornata e le reazioni delle persone che hanno partecipato sono state totalmente diverse: abbiamo chiesto un feedback a persone che avevano partecipato anche alla versione precedente (pre-TBR), e la reazione è stata impressionante: nella versione post-TBR le persone si sentivano molto più partecipi e molto più coinvolte. Quindi da questo punto di vista il feedback è stato estremamente positivo.

Passo la palla a Cristina.

Cristina: ciao, sono Cristina De Toni, lavoro in DAB Pumps, mi occupo di gestione del cambiamento e progetti di trasformazione. Ho partecipato alla seconda edizione quest'anno a Milano insieme a Giada, Valentina, Giacomo e ovviamente Marco.

Per me TBR è stata una rivoluzione, anch'io forse ne sto abusando perché lo uso anche nelle riunioni e nelle comunicazioni con le persone. Il concetto chiave per me è quello di comunicare attraverso qualcosa che sia fuori dagli schemi, perché è un modo con cui le cose ti rimangono di più.
L’ho applicato su un'attività di coaching virtuale, su Teams, con persone da vari posti nel mondo, proprio per spiegare quelli che sono i concetti del cambiamento, e ho usato un po' tutte le tecniche, a prescindere dalla struttura, quindi le famose 4c: connection, concepts, concrete practice e conclusions.

Ho applicato anche le altre tecniche, quindi ho iniziato per esempio con suggestion for success, che è una cosa che viene consigliata: spiegare le regole e le non regole del gioco, è stata una cosa che ha colpito i partecipanti, così come il right to pass, cioè la possibilità di non essere lì, di non essere in quei training, quindi responsabilizzare ciascuno nell’essere lì perché lo si vuole, mentre a volte siamo un po’ incatenati alla sedia, al dover apprendere o partecipare per forza.

Altre tecniche che mi sono tornate molto utili sono il pair share, pass the ball, come quello che stiamo facendo ora… è stato molto apprezzato anche l’utilizzo dei meme per spiegare alcuni concetti di change management, e anche questo è TBR: utilizzare i meme! Penso che sia rimasto molto di quanto abbiamo fatto e le persone interagivano molto.

Passo la palla a… Giacomo!

Giacomo: sono Giacomo De Luca, dell’Università San Raffaele di Milano, ho avuto voglia di applicare subito TBR ai miei corsi universitari, quindi ho iniziato senza preavviso, da una lezione all'altra, a cambiare un po' il modo in cui facevo le mie lezioni. Ho iniziato a utilizzare elementi di TBR pian piano, sperimentando, per vedere quale fosse la mia reazione e quella delle persone che avevo davanti. Ho quindi iniziato ad applicare alcuni di quegli strumenti che abbiamo dalla cassetta degli attrezzi di cui si parlava e inserirli in corsi di laurea in medicina e infermieristica, e ho iniziato a inserire queste novità in corsi più piccoli come numero di studenti, per poi portarli a corsi più frequentati.

Alcuni degli strumenti usati hanno funzionato molto bene, come provare a costruire dei giochi di società per risolvere casi clinici in ambito medico (è stato un lavoro lungo ma molto entusiasmante), che è poi quello che facciamo nel nostro lavoro.

Le reazioni da parte di studentesse e studenti sono state entusiastiche: così come per me TBR ha rappresentato una rivoluzione concettuale, così è stato per loro partecipare attivamente e per la prima volta a una lezione concepita e svolta in questo modo. E anche la mia reazione è stata positiva: mi sono divertito e per cui ho provato con mano che è qualcosa che può davvero funzionare. Esperienza super positiva.

Passo la palla a Valentina.

Valentina: ciao, sono Valentina Vantaggiato, lavoro nel dipartimento formazione e sviluppo di NTT Data Italia. Anche io ho partecipato alla seconda edizione di aprile 2024: esperienza fantastica e rivoluzionaria, mi ha introdotto in un contesto a me completamente nuovo con concetti che ho deciso di applicare insieme a Giada, dato che siamo colleghe, concetti che ho applicato fin da subito nei workshop o attività di team building che facciamo in azienda.

Mi piacerebbe raccontare come abbiamo applicato TBR di recente: un workshop rivolto a 14 ragazzi e ragazze di 15 anni che sono venuti in azienda per fare una sorta di campus estivo. Inoltre si è trattato anche del primo workshop organizzato da me e Giada in completa autonomia e senza la guida di altre persone più senior in azienda.

L’ambizione era quella di far trascorrere una giornata diversa dal solito a queste persone e mantenere comunque attiva la partecipazione. Per cui cosa abbiamo fatto? Abbiamo cercato di progettare un workshop che si ispirasse a TBR e a una serie di attività di TBR, oltre che da LEGO®, e questo mix ha avuto risultati entusiasmanti.
Per sciogliere il ghiaccio abbiamo optato per un’attività diversa dal solito ice-breaker, per cui grazie allo shout out abbiamo chiesto ai ragazzi che cosa si aspettassero dalla mattinata. Qualcuno ha parlato di serietà, che poi è stata l'unica cosa non presente durante tutta la giornata. Abbiamo usato il ticket out per avere dei feedback e quindi capire anche noi come stavamo andando con le nostre attività. Durante tutta la giornata ci sono stati molti momenti incentrati sul movimento, sul disegno, sulla musica, e abbiamo sempre usato un timer, anche per dare un senso di urgenza e dare delle regole.

Inoltre abbiamo usato il disegno per far sì che raccontassero meglio le storie sui modelli che avevano creato, con tanto di gallery walk, dot voting con i mattoncini LEGO® per vedere chi avesse vinto, concludendo la giornata con il polpo, la mascotte della giornata, grazie al quale abbiamo fatto il ball toss (come ora, nel giro di presentazioni), e che abbiamo usato anche come antistress durante le varie attività.

Possiamo dire che risultato è stato soddisfacente, siamo state felicissime di aver applicato questo metodo. I ragazzi ci hanno chiesto se saremmo tornate il giorno dopo, ma purtroppo non abbiamo potuto gestire la seconda giornata di workshop... siamo rimaste comunque molto contente.

Passo la palla a Giada.

Giada: … e uso il nostro polpo come palla! Ciao, sono Giada Trovato, anch'io lavoro nel team di formazione e sviluppo di NTT Data Italia.

Abbiamo utilizzato TBR subito dopo il corso con Marco. Io l'ho utilizzato da sola con una collega che in realtà non fa parte del team formazione e sviluppo, quindi anche lei è stata un po' contagiata da TBR, e l’abbiamo usato a Napoli con un gruppo di 20 ragazzi, ancora una volta di 15 anni, che stavano facendo una Summer School con noi.

Anche noi abbiamo iniziato con uno shout out e in questa fase avevano identificato tra le varie aspettative anche la noia. Quindi io ero già in panico perché ero arrivata a Napoli due ore prima, mi avevano perso la valigia con tutto il materiale all'interno… ho chiamato subito Valentina e con la nostra responsabile ci siamo messe a ripianificare tutto il workshop... arrivo e loro mi dicono “mi aspetto di annoiarmi” e mi sono detta “ok, cominciamo bene!”.

Abbiamo rivisto un po' tutto, utilizzando diverse tecniche che fanno parte della metodologia TBR, come il pair share,e soprattutto li abbiamo fatti lavorare utilizzando la creatività: permettendo loro di utilizzare post-it, pennarelli, forbici, dandogli davvero spazio per poter creare qualcosa che fosse attinente alle tematiche che stavamo affrontando e dando loro la possibilità di capire qual era la loro strada per poter apprendere nella maniera corretta.

C’è chi ha elaborato dei disegni, chi una massa di post-it, chi ha fatto anche delle rappresentazioni 3D… tantissima creatività da parte di questi ragazzi. Abbiamo fatto ovviamente anche una gallery walk, indispensabile per poter ammirare tutto il nostro lavoro.
Nella parte finale, di key takeaways, abbiamo tutti unanimemente cancellato la noia (che era una delle aspettative espresse all’inizio, ndr), quindi a distanza di 8 ore dall'inizio questa è stata completamente rimossa.

C’è una cosa che voglio dire, perché credo che sia proprio il vero valore di TBR, qualcosa che i ragazzi hanno capito ed espresso in pieno, ossia: l'insegnamento con questa metodologia è un insegnamento davvero innovativo, e ci tengo a trasmetterlo come messaggio perché mi è rimasto dentro, e così è stato anche per la mia collega ed è bello condividerlo con tutti voi.

Avanscoperta: grazie a tutte e tutti per l’intro, c’è tantissimo di cui parlare.

Marco: ascoltando un po’ il giro, a me viene da aggiungere che alla fine, e anche grazie a quanto hanno detto tutti fin qui, non è un corso di rocket science o di magia.
TBR in realtà è un corso di cose abbastanza semplici. Sembra più un corso di cucina, dove a parte alcuni ingredienti o alcune tecniche che magari alcuni chef super stellati ti posso insegnare… alla fine si tratta pur sempre di uova, farina, impastare e mettere le cose in forno.
Solo che da una parte secondo me ti dà un po' la consapevolezza di quello che stai facendo, e quindi in realtà è come in cucina, dove a un certo punto dici “per lievitare deve funzionare in questo modo qui”, e dall'altra ti dà anche il coraggio di farlo, e ne ho avuto testimonianza anche ascoltando un po' il giro di tavolo appena fatto. TBR ti dà il coraggio di dire “adesso facciamo questo esercizio”, che sembra una cosa banale, ma poi in qualche modo ti fai coraggio.

Mi ha colpito ciò che ha detto Giacomo: alla fine vale anche come sperimentazione per te e su di te come docente. Ti fai coraggio e dici “mi han detto che questa roba funziona, ci provo, esperimento se funziona per davvero”, e in questo senso è un corso sperimentale come un corso di cucina. Una volta fatto TBR puoi dire “questa cosa per me funziona molto bene, quest’altra cosa per me invece non funziona, non la voglio più fare così, o la voglio ibridare”, un po' come abbiamo sentito poco fa nel giro di presentazioni.
L’ibridazione può avvenire anche con qualcosa che abbiamo studiato e che sappiano essere al di fuori di TBR. O ancora, possiamo voler riprogettare tutto con le nuove nozioni apprese grazie a TBR.

La cosa che vorrei raccontare di TBR è che non si tratta di un corso nel quale hai l'illuminazione gigantesca: fai un po' di ordine nella tua cassetta degli attrezzi, cominci a dare i nomi alle cose, cominci a capire perché alcuni di questi possono essere interessanti.
Quindi in questo senso secondo me è un corso che ti cambia la vita. Per me è stato così divertente farlo da partecipante che addirittura ho voluto diventare un docente certificante. Lo vivo con estremo entusiasmo ogni volta che ho l'occasione di poterlo rifare.

Avanscoperta: ottimi spunti, grazie a tutte e tutti. Vorrei dare la parola a Cristina che ha un appunto su una delle cose più importanti emerse prima, ed è il discorso sulla noia. Il nome stesso, Training from the BACK of the Room, tende un po' a voler rovesciare l'approccio classico che tutti abbiamo esperito, o in più casi subito, ossia di una persona davanti a te che parla all’infinito… che è un po’ l’esperienza della scuola, e non solo.
Uno dei punti che è stato emesso prima è proprio quello relativo alla noia: l'insegnamento a volte viene percepito una cosa noiosa o comunque dove chi dovrebbe apprendere ha un ruolo molto passivo, e quindi tutto viene percepito come noioso. Vai Cristina.

Cristina: volevo dire che anche a me TBR ha aperto un mondo. Qualche settimana fa ho scritto un messaggio a Marco dicendogli che non riesco più a seguire i training normali, quelli che non vengono strutturati con TBR, perché sono troppo noiosi… dopo TBR ho fatto altre cose, ho preso altre certificazioni ma… adesso faccio veramente fatica. Appena vedo qualcosa, penso subito a come si sarebbe potuto fare diversamente con TBR.

Marco: il senso del messaggio era “Marco ti odio: dopo TBR non riesco più a frequentare altri corsi”.

Enrico: vorrei passare un altro tema. Un aspetto interessante, che si ricollega a quanto detto da Giacomo e poi da Marco, è quello sul vincere questa sfida anche con se stessi.
Essendo così abituati a percepire o appunto avere esperienza dell'insegnamento in un certo modo, il fatto di buttarsi e provare a fare delle cose diverse ed entrare in una mentalità per cui si prova davvero a ragionare e fare le cose in modo diverso, a prescindere dall’ambito, è qualcosa di molto interessante e che vorrei esplorare con voi.

Per cui vorrei capire se, e queste sono parole chiave delle nostre dirette, quando affrontiamo argomenti che vogliono rivoluzionare il modo in cui le cose sono state fatte fino a quel momento… c’è scetticismo, c’è resistenza verso TBR? Come possiamo vincerla sia, diciamo, con noi stessi, abituati a fare le cose in un certo modo, anche se qui abbiamo persone che hanno già scelto di voler cambiare, che con gli altri?
Quindi chiedo: come avete vinto le vostre resistenze, se c’erano, e quelle degli altri, nel momento in cui avete iniziato a fare le cose seguendo quanto dice TBR?

Iniziamo da Valentina.

Valentina: ho una cosa da raccontare in merito. Nessuno scetticismo da parte mia, mi sono totalmente innamorata del corso, ma scetticismo da parte degli altri ce n’è stato un po', e anche un po' inaspettato.

Subito dopo il corso lo abbiamo applicato a un team building interno, quindi con quelli dell'azienda, peraltro tutte persone molto giovani, certamente generazione Z, quindi immaginavo interessate a una modalità un po' più interattiva e innovativa di gestire un workshop… e niente, quando ho detto che si sarebbero potuti alzare in autonomia durante tutto il workshop per prendere il materiale, camminare, fare una pausa, ecc., mi hanno guardata male. Ci sono rimasta malissimo. Ho fatto un gran respiro, e ho detto “ragazzi, sappiate che comunque il movimento serve per favorire l’ossigenazione del vostro cervello, noi non vi porteremo niente al tavolo, i materiali sono lì”. Poi alla fine hanno superato le resistenze e si sono anche divertiti.
Ma ammetto che all'inizio ci sono un po' rimasta male, soprattutto perché non erano persone grandi, abituate al solito modo di fare le cose.

Palla a Giacomo.

Giacomo: scetticismo da parte mia no: ha prevalso nettamente la voglia di sperimentare. Forse un po’ di scetticismo, ma forse più che altro inibizione, figlia di quella mentalità per cui bisogna stare composti, al proprio posto, le cose vanno fatte bene, e per cui alcune cose non si devono assolutamente fare… bene, questo scetticismo non l'ho trovato neanche da parte di studentesse e studenti che anzi hanno accolto l’esperimento con grandissimo entusiasmo fin da subito tranne una fisiologica fase di assestamento iniziale, in cui magari hanno pensato “oddio, cosa devo disegnare qua, non so disegnare”, una breve fase di imbarazzo durata davvero pochissimo.

Però anche quella secondo me, più che altro, e parlo del mio contesto, quello universitario, è solo un blocco iniziale che è dovuto alla mentalità per cui dobbiamo stare buoni, composti e ascoltare chi parla senza dare fastidio. Ho riscontrato molto più scetticismo a livelli un po' più alti che non da parte di studentesse e studenti.

Passo la palla a Cristina.

Cristina: Anche io assolutamente non scettica: per me TBR è stata una vera svolta. Sicuramente è più sfidante nella preparazione dei materiali e dei contenuti perché richiede più energia mentale nel momento in cui devi cambiare: si tratta di organizzare qualcosa che permetta alle persone di apprendere in un determinato modo con delle tecniche che loro devono applicare, e richiede sicuramente più creatività nel trovare dei contenuti, che possono essere anche visivi, e che devono essere accattivanti anche come attività da proporre. Nel mio caso era un workshop virtuale e devo dire che mi sono un po' appoggiata all’intelligenza artificiale.
Un'altra cosa importante riguarda la gestione dei tempi, ci ho dovuto lavorare parecchio perché soprattutto da remoto è fondamentale.

I partecipanti invece sono stati un po’ scettici, soprattutto quelle persone che sono abituate da anni a un approccio passivo, un po' come dicevamo prima sullo star seduti, ascoltare, annuire e non disturbare.
Ma già nella fase di connection, che come ha detto Marco anche nel corso è quella più importante, ho visto che si sono messi in gioco.
Il tema era il cambiamento, per cui mettersi in gioco era anche richiesto, e certamente ha aiutato molto iniziare a entrare in connessione con gli altri partecipanti e con l’argomento, attraverso attività che non li hanno portati troppo fuori dalla loro comfort zone.
Poi quando ho chiesto di disegnare qualcosa, ho visto anche nel mio caso un bel po’ di occhi sgranati.

Alla fine quello che mi è piaciuto molto è che erano tutti veramente molto coinvolti entusiasti e la persona più scettica, sia prima che durante, è stata quella che a un certo punto ha tirato fuori un maialino, come un salvadanaio, per spiegare un concetto, e lì è stato bello perché ho visto proprio un cambio di prospettiva.

Passo la palla ad Anna.

Anna: scetticismo da parte mia no, perché ho voluto fare il corso e avevo già letto di cosa si trattava. Arrivata al corso, ho avuto l'illuminazione: per come sono io, ed è una cosa che è trapelata prima, il lavoro del trainer, quando te ne devi occupare tu, è molto sulla parte di costruzione del workshop; mentre quando arrivi al workshop TBR da partecipante ti rendi conto che sono i partecipanti a diventare parte attiva, il focus naturalmente è su di loro. Le persone che partecipano diventano la parte attiva, quindi il riflettore cade su di loro.
E questa è stata un’illuminazione perché non sono la classica persona a cui piace stare davanti a una cattedra con molte persone che mi osservano, mi mette un po' in difficoltà, e poi soprattutto quando si distraggono.

Per quanto riguarda i vari partecipanti, noi quest'anno abbiamo un calendario fitto di workshop all'interno di un nostro cliente, una grande realtà, e stiamo proponendo dei workshop di agile awareness, perché ci occupiamo di consulenza organizzativa. Questi workshop li abbiamo tutti costruiti utilizzando TBR e all’inizio persone un po' più adulte, con un background di lunga data e abituate ai classici corsi frontali arrivavano in aula eleganti, aprivano il loro pc, si sedevano… e a fine giornata gli sembrava di aver giocato tutto il tempo.
Quindi avevano questa reazione un attimo scioccante. Poi i nostri corsi sono di due giorni, e quindi a fine del primo giorno erano tutti abbastanza sconvolti.
Il secondo giorno, dopo averci dormito sopra e aver metabolizzato, quanto accaduto, le attività andavano alla grande. Ma come diceva qualcuno - first reaction SHOCK!

Passo la parola a Giada.

Giada: scetticismo da parte mia, no: appena finito il corso con Marco ero ancora più convinta, ma nei ragazzi sì, come abbiamo detto prima. Loro si aspettavano la noia. Infatti quando abbiamo fatto vedere qualche slide li vedevo anche un po' più nella loro comfort zone: stare seduti a guardare uno schermo.

Invece quando ho detto “adesso prendete il materiale, si trova lì, dovete usare le forbici, non fatevi male ma create e divertitevi”... lì effettivamente ho visto l’effetto shock, e il bello è che poi dicono “effettivamente ho imparato qualcosa, e non perché me l’hai spiegato tu, ma perché l’ho messo in pratica”, e secondo me è questa la cosa bella di TBR.

Avanscoperta: bellissime storie di persone conquistate da TBR dopo uno scetticismo iniziale. Marco, qualche riflessione di chiusura di questo argomento?

Marco: secondo me il tema è proprio questo, ed è un po’ trapelato trapelato da alcune delle parole che abbiamo sentito…  c'è una cosa che io racconto scherzando, e che poi loro hanno anche un po' ripreso, ossia: il bello di fare TBR è che ti accorgi che poi il tuo ruolo di docente è che non devi fare niente.

Si passa dal fatto che le persone si arrangiano a costruirsi loro materiali, cerchi di creare la dinamica dove le persone si possono raccontare le cose… ma soprattutto è proprio lo scoprire che se la progettazione è fatta bene, e con progettazione non mi riferisco ai paletti e alle cose da fare, ma intendo un'attenzione molto forte sul ricordarti che di fronte a te hai persone, e che queste persone hanno un desiderio molto forte di raccontarsi delle cose, hanno un bagaglio di esperienze, hanno degli obiettivi per il futuro, hanno delle cose che conoscono già, e ci sono delle cose invece che conoscono...

il tuo ruolo sostanzialmente è quello di favorire quella sicurezza psicologica, quella dinamica giocosa, quell'ambiente che io chiamo proprio “la classe”, perché è quello che di cui parliamo, in cui le persone possono sostanzialmente sentirsi libere di raccontare le cose, sentirsi anche però incastonate in modo positivo in un meccanismo per cui il raccontarti le cose non deraglia in un brainstorming organizzato malissimo.

In questo tipo di dinamica, il tuo compito di docente, ma intendiamo la parola docente in modo sovraesteso, per cui il tuo ruolo di facilitatore o agevolatore dei processi di conoscenza, diventa sostanzialmente quello di creare questo tipo di ambiente e soprattutto di trasmettere alle persone il fatto che in questo tipo di ambiente ci possono sguazzare dentro molto bene.

Per cui ci sta che all'inizio le persone lo trovino in un po' strano, anche se questo ci fa un po' pensare e riflettere, perché in realtà lavoriamo tutti in contesti dove è importante poter trasmettere la conoscenza, poterla in qualche maniera a far girare e impastare con quella degli altri, ma tutti poi in qualche modo ci incastoniamo di più in un meccanismo dove preferiamo che ci venga detto esattamente cosa dobbiamo fare, come lo dobbiamo fare e, addirittura aggiungo, cosa dovremmo imparare.

Questa è la cosa che TBR ti aiuta un po’ a svelare, ovvero: come docente, ai corsi non posso sempre pretendere di sapere anche che cosa le persone dovranno imparare. Può essere che io arrivi in aula e in qualche maniera durante il corso scopra che tutto ciò che immaginavo di dover raccontare, insegnare, trasmettere, e per cui avevo preparato quantità enormi di slide, in realtà le persone lo sanno già.

Il mio compito invece è di rendere visibile le cose che non sanno e di permettere loro di creare discussione attorno a queste. Addirittura, e lo porto all'estremo, accade che anche lei o lui in quanto docente diventino parte del gruppo di quelli che non sanno di cosa stiamo parlando, e in qualche modo “creo la classe” e dentro alla classe comincio a costruire il percorso di conoscenza di ciò che non so.

Quindi sostanzialmente TBR è un po' una cassetta degli attrezzi che ti aiuta anche a ricordarti di questo: ti aiuta a fare una progettazione fatta bene prima, e ti permette poi in aula di tirare un bel respiro e a concedere alle persone il tempo per poter stare assieme per bene.

Vi ringrazio per il giro di tavolo perché mi ha ricordato un'altra volta perché mi piace tantissimo fare TBR.

Avanscoperta: grazie mille, l’entusiasmo è lampante nelle parole di tutte e tutti, quindi è sicuramente molto motivante sentire le storie di applicazioni così diverse di TBR.

Stiamo vedendo come ciascuno e ciascuna lo può usare in vari ambiti e banalmente, come abbiamo detto all'inizio, quasi nessuno dei presenti è docente in modo formale, quindi è la dimostrazione che veramente si può applicare in tantissimi casi.

Alla luce di tutto quello che ci siamo detti, qual è l’aspetto e la cosa che preferisci di TBR?

Una persona che ora sta guardando questa diretta o che sta leggendo questo articolo, si chiede: “quindi qual è grande la cosa più potente, più bella, o che preferisci? Quella dove hai trovato più valore aggiunto?”. Iniziamo da Giacomo.

Giacomo: il vantaggio più grande, ciò che mi ha fatto dire “wow!” e che davvero mi aspettavo di ricevere da TBR, è in termini di condivisione delle conoscenze in quello che è il mio ambito, ossia universitario/medico: fare in modo che quelle conoscenze vengano realmente acquisite e mantenute, così che quella sia una formazione davvero efficace.

Cosa che ho avuto modo di toccare con mano quando ho provato a utilizzare TBR nei miei corsi. Esempio banalissimo: è il terzo anno di seguito che faccio un corso su fisiopatologia, ossia come funzionano gli organi. Posso star lì a preparare slide e spiegare come funziona il cuore, cosa che ho fatto in passato. Quest'anno, alla fine di una di queste lezioni, in cui ho chiesto alle persone presenti di provare a disegnare i gruppi di 4-6 come funziona il cuore, chiedendo semplicemente, con cartellone e pennarelli, di disegnare come funziona il cuore, "raccontatevelo tra voi, e poi raccontatelo a noi" - ebbene, molti di loro a fine corso mi han detto “ora ho capito come funziona il cuore, non lo dimenticherò più”. E questo è un aspetto che mi è piaciuto tantissimo.

Un’altra cosa che mi preme dire è ora grazie a TBR posso far lezione ascoltando ogni tanto un po' di musica, che è uno degli aspetti che preferisco perché aiuta tantissimo a creare quella sicurezza psicologica di cui parlava Marco, a creare la classe e l'ambiente gusto, e a generare sicurezza psicologica nel comunicare le emozioni e facilitare l'apprendimento. E mi piace tantissimo preferisco perché posso dedicarmi, anche se poco tempo e per pochi minuti, ossia il tempo di una canzone, all’ascolto della mia canzone preferita. È qualcosa che sto amando.

Passo la palla a Giada.

Giada: io ho fatto anche una rappresentazione grafica, mi piacciono molto i LEGO®, quindi per farvi capire qual è l'aspetto che preferisco vi faccio vedere quello che succede a TBR, cioè non ci sono lezioni frontali, siamo tutti insieme, tutti che condividiamo, ci si divide in gruppi e si fa pair share.
Quello che mi piace è proprio la connessione con le persone: la metodologia TBR non solo permette un migliore apprendimento delle tematiche, ma anche la connessione con le persone. Solitamente andiamo ai corsi classici, ci mettiamo su una sedia, le persone sono tutte rivolte verso il palco, ci sono delle slide e al massimo parliamo o con quello che ci sta a destra con quello che ci sta a sinistra…

Invece con TBR hai la possibilità di connetterti con tutte le persone e conoscere tutti quanti, quindi questo è l'aspetto che mi piace di più perché sono una persona a cui piace molto socializzare.

Passo la palla ad Anna.

Anna: per quanto mi riguarda, gli aspetti che preferisco sono due: il toccar con mano e quello che ho sottolineato prima, che per me è importantissimo, ossia passare il testimone e la leadership del corso al partecipante. Sono due cose fondamentalmente collegate, perché alla fine se tu gli passi la responsabilità facendogli toccare con mano quello che gli sta insegnando, loro arrivano alla fine del corso che portano a casa qualcosa, quindi la soddisfazione è diversa rispetto all'approccio classico.

E come già diceva Giada prima, a me piace tantissimo osservare, quindi sentirli parlare, vedere le dinamiche che si creano anche cambiando gruppi, cambiando coppie, farli interfacciare tra loro… è una fonte di ricchezza estrema.

Passo la palla a  Valentina.

Valentina: l'aspetto che mi piace di più è che acquisire conoscenze o apprendere qualcosa attraverso questa metodologia rappresenta un apprendimento che passa da un’esperienza, attraverso un qualcosa che diventa poi un ricordo e che rimane dentro di te quasi per sempre, certamente per tanto tempo. E soprattutto il fatto che permette comunque di rendere i partecipanti, come diceva Anna, delle persone attive nell'apprendimento: il fatto di mettere in pratica attivamente quello che stai imparando durante la lezione o il workshop te lo farà ricordare molto meglio.

Non lo dico per sponsorizzare, anche se poi stiamo raccontando il metodo, però anche io ho partecipato a tanti corsi e riunioni, e non c’è paragone tra quanto mi sia rimasto impresso il corso di TBR rispetto a quelli passati. TBR vince nettamente: io mi ricordo davvero tutto, già dal primo momento del priming, in cui abbiamo dovuto studiare prima di iniziare il corso, e parliamo di leggere alcune slide e memorizzare alcuni concetti… ancora oggi me lo ricordo, questo è il risultato ed è fantastico.

Passo la palla a Cristina.

Cristina: io per “l'aspetto che preferisco di TBR” vorrei citare un feedback spontaneo che mi ha dato un partecipante del mio corso, e me l’ha detto il giorno dopo, quindi significa che anche lui ci ha pensato su e ci ha dormito sopra. Mi ha detto: “il corso è stato energizzante ed è stato curioso vedere come dal primo all'ultimo esercizio ci si è scoperti sempre di più”.
Secondo me ha sottolineato due cose fondamentali che ho vissuto anch'io quando ho fatto il corso con Marco, che sono appunto: l'energia, perché è veramente un rilascio di energia attraverso le connessioni con le altre persone, e di energia personale nell'apprendere; e poi la scoperta, perché appunto facendo insieme agli altri si scoprono gli altri e quindi le esperienze degli altri, nuove prospettive, nuovi approccio, ma si scopre anche se stessi. Si scoprono le proprie abilità e come magari le proprie esperienze hanno già toccato i contenuti del corso, e quindi ci si connette un po' di più anche su cose che magari si conoscono già ma si portano la luce nel gruppo.

Diciamo che queste sono le due parole che possono descrivere gli aspetti che preferisco di TBR - energia e scoperta.

Avanscoperta: avete usato elementi o spunti da TBR in modo diciamo camuffato anche nella vita, quindi TBR non solo a lavoro. C’è stato qualche momento in cui qualcosa che avete imparato o visto vi è stato d'ispirazione per altro?

Marco: per me la parte la parte di TBR, che poi in realtà mi diverte di più nella vita di tutti i giorni, è ricordarmi che mi interessano molto le altre persone, e questo non viene da TBR, anzi, è più travaso della vita di tutti i giorni dentro TBR, ma siccome poi il corso lo tengo io, un po’ spero che questo sia il sapore della mia classe di TBR, del corso che faccio.

Magari gli altri docenti in giro per il mondo ci mettono le loro spezie, ma la mia cucina ha quella spezia lì. E la mia spezia è che a me interessano le persone, proprio mi incuriosiscono, e quindi succede che tu sei in classe con me, dobbiamo magari parlare di una cosa anche molto tecnica, o siamo in una riunione e dobbiamo parlare di una cosa che magari è anche complessa o complicata, c'è qualcosa dentro che non è così facile da svelare o raccontarsi, però a me interessa. Mi interessi tu seduto o seduta lì con me, mi interessano le cose che sai, mi interessa quello che non sai, mi interessa il modo in cui ti muovi, il modo in cui sorridi, il tuo colore preferito nel sceglierti il pennarello, i post-it e i fogli che useremo…
E questa cosa in realtà a me piace molto, mi piace infilarla dentro a TBR, e TBR mi dà modo di poterla in qualche maniera esplodere sempre tanto.

Quindi questo è il mio aspetto preferito del fare docente di TBR, il corso per me ha quel sapore lì ed è quello che porto anche fuori. Questo mi ricorda che il fatto che le persone mi interessano può essere un potenziale, a me interessa tanto quello che devi raccontare. “Eh, ma servirà un'ora per farlo”. Va bene: facciamo connection una mattina intera. “Il corso per me è interessante se si può entrare in connessione con te”. Ok: se questa roba richiede 6 o 8 di corso, ci metteremo 6 o 8 ore.

Per cui mi gioco questa cosa di TBR anche in ambienti che non sono quelli di TBR avendo meno l'ansia da prestazione rispetto alla quantità di cose che devo mettere nel racconto, e potendomi concedere di ricordarmi che invece è la quantità di entusiasmo nella connessione umana, e a me piace quindi mettere tanto di quella roba lì nella negli incontri che faccio, per me ha un valore.

Giacomo: ho utilizzato TBR in due modi nella vita privata: il primo è che mi sento di avere più fiducia nelle persone, perché portare TBR in un’aula universitaria significa innanzitutto fidarsi di TBR e fidarsi delle persone, e sperare che le persone si fidano di te. Vedere che io posso fidarmi delle persone e che le persone si fidano di me è una cosa che mi dà molta fiducia, ed è una grossa influenza nella vita privata.
Il secondo modo invece è che mi ha insegnato a giudicarmi un pochino di meno. Questo è un altro aspetto che secondo me nasce anche da esperienze come questa in quanto partecipante, che poi quando le ho portate in ambito lavorativo, ed è bello vedere come dall'ambito lavorativo tutto ciò si leghi alla vita di tutti i giorni quasi spontaneamente.

Cristina: anche io vorrei raccontare due cose.
La prima riguarda proprio il metodo TBR, che mi hai influenzata nel senso di mettersi at the back of the room, ossia far parlare prima gli altri, sentire prima quali sono i contenuti, i punti di vista che le persone preferiscono esplorare, e questo in generale, anche con i miei amici…

E la seconda è un aneddoto: mio nipote ha 10 anni e ora le prove INVALSI, ero con lui a fare una prova che riguardava la comprensione del testo, ma lui non è troppo portato per l’italiano… sbuffava e si lamentava. Però alla fine abbiamo letto il testo insieme e gli ho detto: “proviamo a metterlo in scena, Francesco, e vediamo cosa succede”. E quindi forse, non so se sono stata influenzata da TBR, però l'ho fatto mettere al centro, cioè ho fatto sì che lui si mettesse in gioco proprio nella comprensione,  nel mettere in scena quel che aveva appena letto, nel provarlo come se fosse un attore di quel testo. Devo dire che continuavo a ridere mentre lo facevamo… e poi ha risposto giusto alle domande!

Giada: vorrei collegarmi a quello che diceva Giacomo sulla fiducia rivolta verso le persone. In realtà quello che è capitato a me è più sulla fiducia verso me stessa. Nel senso che fidandoti del metodo ti permetti anche di dire “ok, accettiamo che abbiamo dei limiti, accettiamo per esempio che tutti quanti ci distraiamo e ci annoiamo”, e quindi era anche un po' il mio timore quando sono andata in alla prima volta su come gestire il fatto che le persone che avevo davanti si sarebbero distratte.

Ricordo che ne avevo parlato anche con Marco al corso: l’importanza di trovare sempre dei metodi diversi, non li puoi pensare sul momento, vanno progettati. Poi ho visto che effettivamente attraverso il metodo, attraverso varie tecniche, le persone vengono coinvolte nuovamente, anche quando si distraggono, e se si distraggono, perché poi usando TBR non ho notato nemmeno troppe distrazioni, le puoi recuperare. Quindi mi ha dato grande fiducia in me stessa perché avevo un po’ paura di non riuscire a tenere sotto controllo l'aula e invece ci sono riuscita alla grande. Quindi devo dire che è questa la cosa di TBR che mi ha influenzato maggiormente.

Anna: per quanto mi riguarda invece si tratta di semplicità e del semplificare le cose, perché alla fine anche nella nostra vita quotidiana siamo sempre pieni di costrutti, anche mentali.
Io per esempio all'università avevo questa cosa che se l'esercizio era troppo facile lo sbagliavo perché dovevo complicarlo altrimenti era troppo semplice. Avevo un po’ questa ossessione per cui se qualcosa era troppo semplice volevo trovare l'inghippo. Invece TBR ti insegna che la semplicità esiste e che le cose a volte sono semplici, oppure semplificarle è la cosa migliore. Per cui il messaggio di TBR, se dovessi riassumerlo in una parola, sarebbe semplicità.

Valentina: chiudo io. TBR mi ha trasmesso tanta energia, come diceva prima Cristina, e tanta voglia di rimettermi in gioco. Non pensavo che potesse esistere una metodologia di questo tipo e averla scoperta mi ha dato l’idea di potermi rimettere in gioco per sperimentare, scoprire delle cose nuove e sperimentarle soprattutto con gli altri.

Avanscoperta: grazie mille a tutti e tutte. Aggiungo una considerazione lato mio perché anche se non ho fatto TBR come partecipante assisto insegnanti e studenti nel percorso formativo lato logistica e organizzazione, e una delle cose che mi porto a casa di TBR, dopo averlo visto diverse volte, sia applicato che insegnato, è il non dare mai le cose per scontate, quindi il momento di connessione che si crea inizialmente lo trovo veramente utile perché aiuta un po' tutti quante le persone presenti ad abbassare la guardia e fare quel minimo di sospensione del giudizio, che ho sentito anche nelle vostre riflessioni, e ci diciamo “oggi ci accettiamo per il fatto che non so tutto, e questo va benissimo, posso imparare insieme agli altri, non devo sempre avere ragione”. Sono tutta una serie di fissazioni, come diceva Anna, che ci imponiamo e che pensiamo sia giusto avere, ma che invece non servono a nulla fondamentalmente.

Il non dare le cose per scontate è uno degli aspetti che preferisco di TBR e di conseguenza questo aumenta la curiosità sia verso gli altri che verso l’argomento di cui si parla, di cui magari pensi di sapere già tutto e non è vero, quindi aiuta un po' smontare tutta una serie di idee che si hanno sull'insegnamento e non solo, anche sugli argomenti stessi.

Grazie mille a tutte e tutti, ci vediamo con il prossimo appuntamento tema TBR con altri alumni.

Cover photo: Foto di Agence Olloweb su Unsplash

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Marco è trainer del Training from the BACK of the Room (versione in presenza e in italiano).

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