Value Proposition Strategy e l'evoluzione del prodotto

Small Talk con Hoang Huynh

Trascrizione dello Small Talk del 10 gennaio 2024 con Hoang Huynh - si parla del suo nuovo corso, chiamato Value Proposition Strategy Workshop.

L'intervista è stata leggermente modificata per adattarla al formato scritto.


Avanscoperta: Il tuo corso che faremo a Marzo 2024 si chiama Value Proposition Strategy. Di cosa si tratta? A chi è rivolto? Facciamo una panoramica, presentaci il corso.

Hoang: Il workshop è rivolto a tutte quelle persone che sono a cavallo fra il business, il prodotto e il marketing.
Che cosa vuol dire? Oggi, in un contesto così complicato, lanciare un prodotto, lanciare una nuova linea di business, lanciare qualsiasi cosa, non è così semplice come era qualche anno fa, perché il mercato è super affollato e chiaramente essere distintivi, che è la cosa che ci raccontiamo da tanti anni, non è così semplice.

Ora, perché parliamo di Value Proposition e parliamo di Value Proposition Strategy? Lo racconto in modo semplice: io vengo da ormai quasi 7 anni di consulenza, in questi anni ho avuto il privilegio e l'onore di lanciare tantissime nuove linee di business all'interno del corporate. Quando parlo di una corporate parlo anche di un brand che può essere più o meno grosso, ma in ogni caso è qualcosa che la gente sposa o comunque ama. Quindi non è solo semplicemente l’esempio della classica startup che lancia nuovi prodotti o tecnologie strettamente innovative.

Cosa accade in questo mondo? Il concetto classico di Value Proposition, che nasce dal marketing, ossia quella cosa per cui questo concetto è molto vicino al motivo per cui la gente ci vorrebbe comprare, non è più sufficiente. E questo accade perché il mercato evolve, i competitor si muovono sulla base di quello che facciamo noi, e noi all'interno di questo favoloso contesto in realtà abbiamo un tempo per prendere le decisioni all'interno delle corporation che è estremamente lungo, e relativamente lungo se si ha una startup.

Quindi di fatto quella barriera che di solito è nella testa del product owner, ossia tra marketing, business e prodotto, in realtà è estremamente labile quanto si parla di confini di distinzione: capire cosa è business e capire cosa è marketing diventa molto complicato.
In questo contesto, quando parliamo di strategie legate alla Value Proposition, non parliamo esclusivamente l'offerta che noi facciamo quando entriamo sul mercato, ma di tutta la strategia che noi mettiamo in piedi per fare il Go-To-Market, e quindi quello che oggi si preferisce dire Value-To-Market, perché non c'è semplicemente il lancio di qualcosa e poi preghiamo che le cose vadano bene, ma è un costo di erogare il massimo valore possibile per un intero ciclo di vita.

Quindi se le condizioni del mercato cambiano, se il tuo prodotto evolve perché magari stai imparando cose, immaginiamo un contesto agile dove in realtà riesci a costruire il tuo razzo mentre stai precipitando, e quindi il tuo prodotto evolve… In tutto questo scenario però ci sono alcuni capisaldi che bisogna, da manuale, tenere saldi, perché sennò il tuo attuale mercato rischi di alienarlo, oppure rischi di inseguire tutta una serie di stimoli e di cose che qualitativamente sembrano molto interessanti, ma di fatto sono un po' delle chimere che tu, in qualità di AD, dirigente, direttore o direttrice marketing o altro, tendi a seguire perché sei guidato o guidata da quelli che sono obiettivi di breve periodo.

Ora, questa struttura strategica, in termini di valore, corrisponde a tutta una serie di metodologie tecniche e modalità di vedere le cose da punti di vista completamente nuovi che ti permettono di tenere un po' fermo il timone, almeno fino a raggiungere quei punti chiave in cui effettivamente riesci a misurare qualcosa che abbia un senso e quindi sia rilevante, oppure effettivamente riesci a creare quel cambiamento sul mercato che crea dei benefici o comunque un contesto a te favorevole.

Quindi non è una roba tecnicamente nuova rispetto a quello che è sempre successo sul mercato: il Go-To-Market si fa da quando esistono i prodotti. È diversa tutta una serie di obiettivi e di risultati che vogliamo ottenere in termini di outcome, che non è più semplicemente legato solo alla vendita:

si tratta di far amare qualcosa e andare a rompere le regole che oggi sono consolidate, perché semplicemente il nostro prodotto merita un contesto nel quale essere compreso e quindi diventa rilevante anche in contesti che oggi non esistono, ma che devo essere in grado di progettare.

Avanscoperta: Il focus non è tanto sul lancio del prodotto o servizio ma su tutto il ciclo, perché il mercato evolve, così come le esigenze dei consumatori. In questo senso quello che tu proponi può aiutarci.
Hai fatto riferimento ad alcuni capisaldi da tenere sempre in mente, puoi dirci qualcosa di più?

Hoang: Sì, sono tutta una serie di considerazioni che quando parliamo di Go-To-Market, come ti dicevo prima, pensiamo solo al lancio. In realtà quando parliamo di Value Proposition e Value-To-market è forse un po' la parte strategica del Go-To-Market. Questo perché di fatto quando si pensa a qualcosa di tattico noi vogliamo risultati subito.
È un po' come giocare a scacchi: la differenza tra tattica e strategia in realtà è molto sfumata.

Storicamente, in termini economici, quando parliamo di strategia ci aspettiamo dei risultati sul lungo periodo, mentre sul tattico in maniera breve. Questo non è sempre vero perché, come negli scacchi, non è che domani devo piazzare un prodotto e venderlo tutti i costi, ma c'è un discorso di posizionarsi, fare engagement, evitare che i competitor facciano la stessa cosa, e quindi andare a disinnescare certe dinamiche.

Gli obiettivi di un’azienda o comunque di una linea di business in generale devono essere un pochino più ampi, quindi non solo attaccare il mercato in maniera figurativa, ma anche difendere questo mercato sul medio-lungo periodo. Per fare questo hai bisogno di ipotizzare e pensare tutta una serie di operazioni, quelli che prima chiamavamo capisaldi, che di fatto possono diventare anche degli asset o comunque delle cose, come dei mattoncini LEGO, che io posso utilizzare nel ciclo di vita del prodotto per poter essere comunque sempre riconoscibile e distintivo.

Avanscoperta: Come si inserisce in questo discorso uno strumento come il Business Model Canvas, di cui naturalmente si parla tantissimo, e che possiamo a buon diritto annoverare tra i capisaldi di cui si parlava?

Hoang: Adoro il Business Model Canvas: è uno strumento di semplificazione e comunicazione estremamente efficace ed è incredibile come è stato pensato, è davvero molto utile. Non amo tantissimo le sue varianti, anche se di fatto Vanilla è la versione più potente dal mio punto di vista, ma in generale le sue estensioni sono un po’ mancanti. Per esempio il Value Proposition Canvas e tutto ciò che gli gira attorno.

Senza togliere nulla al lavoro di Osterwalder, il tema è che alcuni argomenti vengono affrontati da un punto di vista monodirezionale. Quando parliamo di Value Proposition Canvas, per esempio, il punto di vista è solo ed esclusivamente quello del cliente.
Ora, in una struttura classica, dove se vogliamo, da manuale, cerchiamo il Problem-Solution Fit e poi il Market-Fit, questa cosa sta assolutamente in piedi perché nessuno vorrebbe pagare per un problema che non viene risolto, giustamente.

Il tema è che oggi il mercato non è fatto solo di queste componenti: se io penso a un power brand, come può essere un brand food, di elettronica, di tecnologia o anche di automotive, sono tutta una serie di oggetti, di elementi che noi acquistiamo anche senza avere un problema.

Utilizzare un punto di vista esclusivamente senza avere il complementare punto di vista di branding e di compagnia, ma solo ed esclusivamente legato al mondo del cliente/consumatore, rischia di perdere quella intenzionalità che un power brand dovrebbe avere.

Andare a costruire una strategia non vuol dire solo andare a intercettare un problema o un contesto di utilizzo: è anche cercare di crearsi delle opportunità dove magari queste non esistono.

Ti faccio un esempio stupido. Guardo sulla mia scrivania che è piena di roba da niente. Questo Natale mi sono regalato un flipper zero, che è un giochino tecnologico che ti permette un po' di fare tante cose inutili. Non mi risolve nessun problema, ma io lo adoro.
Questa dinamica è una una dinamica di business/marketing, anche perché questo non spiegherebbe il motivo per cui se mi serve un pennarello perché devo diventare scemo per trovare degli sharpies invece di un qualsiasi pennarello della cartoleria?

Perché c'è la questione puramente di amore per un qualcosa, di emozionale e veramente valoriale, che di fatto deve essere costruito e fa parte dell'esperienza, e se ne deve occupare chi si occupa del progetto in qualità di progettista, chi fa business.

Queste cose devono essere messe in campo. In un mondo dove il Problem-Solution Fit non è abbastanza, il Value Proposition Canvas, che per definizione va a cercare problemi e cerca di fare fit col prodotto, il prodotto è solo un pezzo del ciclo, non è tutto quanto.

C’è tutta una serie di tematiche completamente inesplorate che finché guardiamo alla cosa semplice forse va anche bene così, ma pensate a un grande gruppo bancario o assicurativo, come quelli con cui ho avuto la fortuna di lavorare per anni…

ci dev'essere quella parte di intenzionalità, perché magari quello che tu vai a costruire va a cambiare il mercato, e a sua volta va a creare nuove opportunità e va a cambiare abitudini e aspettative dei consumatori verso un qualcosa che magari oggi non c'è e che domani ci sarà.

Non parliamo qui solo di qualcosa che sia legato alla tecnologia: ci sono alcune cose che non hanno alcun senso, sul mercato, ma di fatto le abbiamo.

Avanscoperta: Ti viene in mente qualche prodotto dove questo ragionamento non è stato fatto, e si è tradotto in un grande buco nell’acqua, dal punto di vista della progettazione. Non tanto quindi il lancio, ma la prosecuzione della vita di qualcosa.

Hoang: Ci stavo pensando proprio l'altro giorno perché da poco a Las Vegas stavano facendo vedere tutta una marea di nuove tecnologie, e pensa che una delle tematiche più interessanti di questo mese sarà sicuramente il mondo dei visori, AR, VR e quant’altro.

A livello di marketing, c'è una teoria che dice che per essere definito un category king, quindi un player assolutamente bulgaro sul mercato in una categoria specifica, devi raggiungere in 6 anni il 70% della quota di mercato. Quindi tutti quelli che in 6 anni non riescono a fare questa operazione sono destinati quantomeno a correre rischi.

E proprio qualche giorno fa ero lì come un avvoltoio ad aspettare il lancio di un nuovo paio di occhiali/visori della Xreal che è un prodotto non scadente ma neanche top di gamma, un buon prodotto ma molto costoso per quello che offre, che sta raggiungendo delle quote di mercato incredibili.

Ora: dov’è che vedremo, come dicevi tu, una possibile disruption o un fallimento? Questo accadrà a febbraio, quando arriveranno gli occhiali di Apple, gli Apple Vision, quindi in quel momento lì allora questo clash fra due prodotti che hanno due posizionamenti completamente diversi ma che vanno a risolvere questo contesto d'uso… vedremo chi vincerà e chi perderà.

Da un lato sappiamo che Apple non lancia prodotti ma lancia ecosistemi, quindi al lancio di quel prodotto si aprirà un nuovo mondo. E l’abbiamo visto tutti, che quando Apple lancia un prodotto e fa posizionamento, non parlano mai delle caratteristiche del prodotto in sé e di quanto è figo. Ti fanno vedere 5 miliardi di contesti d'uso: la famiglia, l'isolamento, lo studio, la musica, i ricordi.
È quello ciò che vendono, e il valore è chiaro, mentre di qua abbiamo solo ed esclusivamente un prodotto che oggi sta facendo numeri incredibili, ma perché non c'è un'alternativa. O meglio: le alternative sono solo ed esclusivamente in termini tecnologici.

Avanscoperta: Apple sono sempre stati maestri nel creare questo tipo di mondi…

Hoang: Sì, e infatti in consulenza faccio sempre l’esempio di Apple, perché sono bravi. E purtroppo sono talmente bravi che, al di là di fare scuola, sono cose che anche su un breve-medio periodo, riesci a vederne gli effetti, e riesci a vedere come alcune piccole iniziative che loro fanno, che siano di marketing, che siano di struttura, che siano di scelte strategiche, cambiano totalmente le abitudini delle persone.

Senza entrare nel mondo della UX, faccio sempre questo esempio a ogni cliente: un iPad non è una calcolatrice. Non c'è una calcolatrice Apple ufficiale sull’iPad, ed è una scelta strategica, non di design e non è un limite tecnologico.
Vuoi fare due conti? Perfetto, ti compri un iPhone, la cosa più bella del mondo, perché ti convincono che sia una scelta tua.

Avanscoperta: Grazie mille Hoang, torniamo al corso che, come tutti quelli di Avanscoperta, avrà una forte componente pratica. Puoi anticiparci qualcosa al riguardo?

Hoang: Sarà facilissimo bilanciare teoria e pratica, nel senso che utilizzeremo un 50% di strumenti già esistenti e un 50% di strumenti completamente nuovi, e l’unico modo di vedere come funziona una Value Proposition è vederne diverse, farne, crearne un sacco.
Quello che faremo è sicuramente produrne, con brief che fornirò in aula, ma anche con quelli portati dai partecipanti, e soprattutto vedremo cose che sul mercato sono state fatte molto bene, e da questo punto di vista, applicando i vari strumenti, andremo a capire perché alcune cose funzionano e altre no dal punto vista formale.

È importantissimo capire la teoria che c'è dietro a uno strumento, nel senso che lo strumento serve a spiegare la dinamica con la quale quella cosa è stata pensata. Non è detto che il processo porti a un risultato sicuro, ma è sicuro in realtà che andiamo a minimizzare i rischi.

Tutto quello che vedremo durante il corso nasce dai 7 anni di consulenza, dove ho lanciato moltissimi nuovi prodotti servizi, e so benissimo dove sono andato a schiantare, non perché il prodotto non fosse buono, non perché le condizioni non fossero eccellenti, non perché non ci fosse mercato, ma perché semplicemente magari all’intero della struttura organizzativa qualcuno non è riuscito a giustificare il perché certe scelte sono state fatte, e questo ha portato a disfunzioni che hanno fatto saltare magari un intero progetto.

Avanscoperta: Ottimo aggancio per chiederti qual è stato il più grande successo e il più grande flop.

Hoang: Partiamo dai flop, o fallimenti: ce ne sono una marea. Il problema è che quando uno fallisce non lo puoi imputare solo alla mancanza di visione strategica o Value Proposition.

Se dovessimo invece individuare un fil rouge nei progetti che hanno avuto successo, e con successo intendo magari intere nuove banche che sono state lanciate sul mercato, sono ancora in piedi e sono cresciute, o nuovi servizi all’interno di assicurazioni storiche tradizionali, servizi completamente lontani dal loro core business, parlo di tutto un insieme di elementi che ti fanno capire come la persona al vertice, ossia quella che deve avere la visione, non necessariamente deve essere quella che ha anche il polso della strategia.

La persona al vertice deve essere in grado di comprenderla, di approvarla e di portarla avanti, ma deve essere supportata da diversi punti di vista perché una visione strategica in realtà non è solo ed esclusivamente la strada che ci porta a un possibile risultato perché l'obiettivo ci è dato dal piano industriale, ma capire, tra tutte queste strade, quante sono a nostra disposizione, quali possiamo percorrere, quali sono quelle che siamo in grado di percorrere con i nostri asset e soprattutto quelle che effettivamente non ci porteranno risultato, ma ce ne porteranno altri 1000, dopo il primo risultato.

Questo ragionamento secondo cui più si va in alto e meno le persone possono fare da sole deve essere capito e applicato da un'intera struttura e da un’intera classe dirigente che deve essere in grado di fare questi ragionamenti in maniera quantomeno simile, perché di fatto una volta che applichiamo lo stesso mindset è molto difficile che persone con estrazioni diverse arrivano a risultati completamente diversi.

Avanscoperta: Quanto è importante la collaborazione, e come facciamo in modo che questo modo di lavorare si rifletta in tutta l’azienda e nei suoi dipartimenti?

Hoang: La collaborazione è fondamentale. Non tutti sono owner delle decisioni di un certo tipo.
È chiaro che una volta che una decisione viene presa, le ragioni devono essere chiare per tutti.

Ti faccio un esempio. Se io prendo una figura di spicco, di punta, è normale che con tutto quello che rientra nelle sue competenze, questa persona magari viene spintonata e spinta a inseguire certe cose senza di fatto avere diciamo chiarezza delle priorità.
Quindi in questi termini questo tipo di ruoli deve essere aiutato da un processo che permetta loro di tenere il timone stretto.
Perché nel momento in cui rischiamo di girare in tondo, rischiamo di sprecare effort e risorse, e rischiamo che le persone che lavorano per noi perdano la motivazione velocemente…

L’unico errore che vedo è che spesso, quando parliamo di Value Proposition, ci si aspetta che alcune funzioni vengano dall'alto. In realtà non è un'opportunità che si scopre dal mercato o qualcosa che si vuole intercettare: è una scelta deliberata, e questa scelta deliberata deve essere fatta da tutto il management in maniera consapevole.

Poi può essere non coordinata o non condivisa, ma deve essere consapevole perché sennò è impossibile cambiare direzione, perché non puoi capire cosa funziona e cosa non funziona.

Avanscoperta: Quando si parla di collaborazione, sappiamo che si parla di un mondo fatto di persone più o meno tecniche, con background diversi, e con priorità e obiettivi apparentemente diversi. Come si fa a far coesistere e far andare in una stessa direzione tutto questo universo?

Hoang: È a questo che servono i modelli, che sono astrazioni della realtà e sono tutti sbagliati, anche se alcuni sono utili, come diceva George Box. Il fatto è che i modelli servono per comunicare e facilitare la trasmissione di conoscenza.

Quindi il motivo qui spingiamo sempre su framework e processi è perché è chiaro che se non riusciamo a costruire il ragionamento dietro questi razionali è anche difficile argomentare quello che vogliamo comunicare. Quindi un framework o un processo sono quelle cose che ti permettono di argomentare meglio un pensiero. Non devono però diventare la motivazione che ci guida a fare le cose, anzi: è il contrario.
È chiaro che quel minimo di struttura ti permette di livellare il lower bound del ragionamento a un livello di qualità minima accettabile.

Avanscoperta: È un tema ricorrente, anche quando trattiamo di temi tecnici: non bisogna usare un linguaggio e framework perché guidati dall’hype ma in base a quello che quel linguaggio o framework può aiutarti a risolvere.

La mia prossima domanda è: qual è il pain point più grande, cioè quale problema enorme vogliamo andare a risolvere con un approccio come quello che proponi tu con la Value Proposition Strategy?

Hoang: In maniera semplice: sapere cosa fare e saper spiegare a qualcuno perché l’abbiamo fatto in quella maniera.
Se noi decidiamo che una proposta di valore, quindi la promessa che facciamo al consumatore, deve evolvere a tempo X, a tempo X+1, eccetera, devo avere dei razionali, non può essere una scelta di pancia.

Quindi poter argomentare il perché abbiamo preso certe scelte e perché prenderemo certe scelte a fronte di certe condizioni è esattamente il motivo per cui questa parte, in questo momento, non è governata e non è adeguatamente gestita con gli strumenti di oggi. Non che non serva, per carità, servirà sempre nel momento in cui c’è un momento di crisi e hai bisogno sempre di avere una direzione chiara e un faro… è che siamo sempre stati occupati da tantissimi altri problemi, abbiamo sempre tralasciato questo aspetto e ci siamo fatti un po' guidare. Questo è quello che ho visto oggi.

Avanscoperta: Il primo workshop che abbiamo fatto con Hoang risale al 2017, quando eravamo in aula a Milano per UX Hero.
Da allora cosa e quanto è cambiato nel mondo UX?

Hoang: Il mercato ha una consapevolezza più ampia del ruolo di chi si occupa di UX. Magari nel 2015-17 questa persona era un po' a cavallo fra quello che poteva essere un product owner, una po’ una one-man band, occupandosi più o meno di tutto, ed effettivamente quello che era il ruolo reale di chi si occupava di UX e Service Design.

Oggi il mercato è più consapevole delle varie caselle nelle quali inserire le persone, ma anche perché con le nuove generazioni il set di competenze è cambiato.
Quindi quella che era la User Experience di qualche anno fa, oggi chiaramente è un po’ più relegata alla parte esecutiva: quando parliamo di touch point e dell’artefatto fisico che andiamo a progettare. Chi si occupa di Service Design si è sempre occupato della parte di servizio, quindi del customer journey, e c’è stato il periodo in cui chi si occupava di Service Design veniva chiamato ai tavoli di strategy e di business.

Oggi ci stiamo un po' raffinando da questo punto di vista, anche perché le competenze che stiamo chiedendo a questi ruoli ormai si stanno molto specializzando, quindi accade che alcuni ruoli trasversali, come può essere quello del product owner, è un ruolo estremamente versatile che può accomodare diversi tipi di ruoli al suo interno.
In questo specifico momento il mercato è cambiato. Molto spesso chi fa parte di un team di innovazione, che per esempio deve lanciare nuovi prodotti o nuove linee di business, deve essere in grado di avere una visione a 360° di tutte queste discipline. Che poi queste vengano racchiuse sotto un certo cappello o figura professionale piuttosto che un’altra, questo è irrilevante.

Ciò che è certo è che non possiamo più permetterci di avere angoli ciechi su certe tematiche.
E se ti ricordi, ai tempi, quando parlavamo di UX, era un termine ombrello che racchiudeva una marea di altre discipline: dall'accessibilità all'usabilità alla ricerca… un po’ di tutto. Per fortuna il mercato si è evoluto.

Avanscoperta: Torniamo un attimo sulle persone a cui vogliamo rivolgerci con questo workshop. Ne abbiamo parlato brevemente all’inizio ma forse alla luce della discussione che abbiamo avuto vale la pena tornarci brevemente.

Hoang: Sicuramente tutti coloro che per un motivo o per un altro si sono innamorati del Business Model Canvas come strumento, quindi hanno capito il perché un certo tipo di strumenti esiste.
Queste persone sicuramente vanno a disegnare modelli di business, una parte iniziale della strategia o del customer journey.

Quando penso a queste figure, che sono figure di gestione, di management di prodotto o di marketing, sono tutte persone  che devono in qualche modo gestire, progettare e razionalizzare le evoluzioni di qualcosa che hanno creato.

Quindi una Value Proposition Strategy ha poco senso magari per un brand che ha 30 anni, perché già consolidato. Ma se penso a tutti i brand devono essere riconvertiti, per cui si aprono nuove linee di business su nuove industrie, oppure se penso a spin-off o servizi correlati a qualcosa che magari già esiste ma che di fatto si sta espandendo, su un nuovo tipo di prodotti o di target… Anche perché i messaggi che noi mandiamo a me e te, che in realtà siamo super boomer rispetto a quelli che hanno oggi quindici o vent'anni, sono talmente differenti, quindi non avere un pensiero dietro e sperare nel seguire il mercato non è il male… è semplicemente la cosa più rischiosa che possiamo fare oggi sul mercato.
E oggi prendersi il rischio di farsi male ovviamente non aiuta la cultura del fallimento che abbiamo in questo paese.

Avanscoperta: Un mondo molto diverso da quello in cui siamo cresciuti, pre globalizzazione, in cui bastava davvero solo un’idea vincente. Chiaramente non è più così.

Hoang: Prima o poi tutte le cose innovative diventano commodity. Oggi abbiamo il boom dell’intelligenza artificiale che tra qualche anno sarà commodity, così come abbiamo tantissime banche, app di pedaggio, app di pagamenti… tutte le cose che sono innovative sono destinate a diventare commodity.
Quindi questo tipo di transizione è un tipo di transizione che deve essere governato, non può essere il mercato a decidere per noi al 100%.

Avanscoperta: Vogliamo salutarci con qualche spunto extra per i nostri spettatori e spettatrici?

Hoang: Un video e un libro. Il video, un classico, è di Daniel Kahneman il guru massimo, chiamato Experiencing Self and Remembering Self. Si parla della differenza tra esperienza vissuta ed esperienza ricordata. Questo è uno dei punti fondamentali, sui quali giochiamo sul valore. Il valore del momento è puramente utilitaristico, ma è con la memoria che queste cose diventano veramente interessanti e rilevanti per noi, quindi è questo lo spazio di progettazione dove andiamo a lavorare.

Il libro, invece, se vi interessa qualcosa di abbastanza nuovo, mi è piaciuto moltissimo questo libro di Felix Oberholzer-Gee, professore di Harvard, chiamato Better Simpler Strategy. Parla di come fare strategia in maniera semplice e veloce nel mondo di oggi con quattro-cinque principi che sono estremamente di valore.

Cover photo: Lucas K su Unsplash

Small Talk con Hoang Huynh: il video - il podcast.


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Hoang è il trainer di Value Proposition Strategy Workshop.

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Hoang Huynh

Hoang si occupa della progettazione e nell’esecuzione di strategie per imprese innovative e corporate startup. Specializzato nel Value to Market di prodotti e servizi innovativi.

Enrico Meloni

Roadie @ Avanscoperta.

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