Cosa c’è dietro un hackathon?
Premessa
Tutti conosciamo gli effetti che il Coronavirus sta avendo nella nostra quotidianità e in questi giorni stiamo iniziando a percepire il duro impatto che avrà anche a livello economico e sociale.
Dopo più di due mesi di lockdown vediamo le aziende che stanno avendo le prime difficoltà: attività che non possono riaprire, o che lo faranno solo a ranghi ridotti, e che si troveranno costrette ad affrontare conseguenze difficili e prendere decisioni non semplici.
Tra i vari settori duramente colpiti, c’è quello del turismo: da fine febbraio gli hotel sono chiusi, i ristoranti sono serrati e le stazioni balneari non hanno chiare indicazioni di apertura. Nel primo quadrimestre di quest'anno, si stima una perdita pari a 10 miliardi di euro a seguito della riduzione dei flussi di turismo provenienti dall’estero. Tra marzo e maggio le cancellazioni pervenute presso le strutture ricettive alberghiere ed extralberghiere hanno quasi annullato completamente i relativi fatturati generando una profonda crisi di settore.
Hack For Travel
Con lo scopo di dare spazio a nuove idee creative ed innovative che possano dare spunti ad una ripresa del settore, nel weekend dal 30 aprile al 2 maggio si è tenuto Hack For Travel: l’hackathon online rivolto al mondo del turismo che ha visto la partecipazione di più di 1200 persone e che ha dato modo a 90 team auto-organizzati di presentare più di 70 proposte per la ripresa.
È stata un’iniziativa unica nel suo genere con molto riscontro nel settore.
Io ho avuto modo di supportare l’organizzazione dell’evento e sono stato avvolto, come molti partecipanti ed organizzatori, da sensazioni sicuramente positive quali speranza, energia ed entusiasmo. È stata un’iniziativa che ha avuto molto successo nonostante molti degli iscritti non avessero mai fatto un hackathon e nessuno avesse partecipato ad uno completamente online.
Molti dei partecipanti, infatti, non sapevano nemmeno cosa fosse Slack: la piattaforma che poi si è rivelata la backbone di tutto l’hackathon e che è diventata, nel corso della maratona, il luogo dove le persone si sono incontrate, hanno condiviso le idee e hanno lavorato in modo continuativo per la consegna dei progetti.
Slack, e l’hackathon in generale, ha anche rappresentato quella piazza virtuale dove sono nate numerose collaborazioni, si sono formati diversi contatti professionali e create varie amicizie.
Dal momento dell’apertura ufficiale più di 1200 persone hanno navigato in lungo e in largo tra i 162 canali pubblici e privati della piattaforma per confrontarsi su idee, personas, value proposition e business model.
Il team WorkYourWay, ad esempio, ispirato dalle ferie forzate con cui molte aziende hanno dovuto arginare il calo di lavoro e fatturato di questo periodo, ha proposto una piattaforma tramite la quale i lavoratori possono acquistare dei pacchetti viaggio per fare remote working (da 1 a 12 mesi) in strutture convenzionate adibite e posizionate in località turistiche italiane.
Nel prossimo periodo il settore alberghiero e quello della ristorazione dovranno garantire la corretta igienizzazione delle struttura e il team Happy&Safe ha colto questa necessità proponendo un’idea basata sulla certificazione della sanificazione dei locali tramite blockchain: un’applicazione decentralizzata (Dapp) grazie alla quale direttamente i proprietari possono smarcare una checklist per la valutazione dello stato dell’ambiente e, in caso di esito positivo, rilasciare un attestato (con smart contract) che garantisca la corretta igienizzazione.
Tra gli altri vari progetti c'era chi proponeva una nuova concezione di viaggio organizzato tramite van attrezzati per il touring, noleggiabili via sito web o app, al posto di mezzi di trasporto convenzionali, o chi una app per conoscere in tempo reale la coda per l’accesso a siti culturali e, nell’attesa, ricevere indicazioni per visitare altre realtà culturali minori in modo da ridistribuire i flussi turistici e decongestionare i luoghi tipicamente sovraffollati.
Al termine delle 48 ore sono stati presentati 74 progetti; 15 di questi sono passati alla valutazione finale da cui poi sono stati selezionati i 5 vincitori che hanno ottenuto premi per un valore complessivo di quasi 25.000€.
Avendo seguito tutti i momenti dell’hackathon, dalla preparazione alla proclamazione dei vincitori, ho avuto la possibilità di assaporare tutti i momenti di questa maratona: le prime dinamiche nei team, i progetti che prendono vita, gli attimi cruciali per la submission dei progetti.
E in queste 48 ore ho chiaramente avuto la percezione che il vero motivo per cui le persone stavano dedicando energia, fatica e lavoro non fosse quello di vincere un premio in denaro bensì di dare un proprio contributo per un obiettivo comune, di creare qualcosa mettendo a disposizione le proprie competenze, confrontarsi con altre persone per accrescere la proprie conoscenze e condividere le esperienze.
Quella che era solo una percezione mi è stata poi confermata nei giorni successivi quando, a prescindere dal fatto che la loro idea fosse stata premiata oppure no, molti team hanno continuato ad incontrarsi, discutere e lavorare sui loro progetti.
I fattori motivanti
Tutto questo mi ha fatto riflettere su quali siano gli elementi che spingono le persone al raggiungimento di un obiettivo riportandomi alla mente quei fattori motivanti che Daniel Pink descrive in modo chiaro ed incisivo nel suo best seller “Drive”.
Nelle prime pagine del libro l’autore, infatti, porta gli esempi di Linus Torvalds, Jimmy Wales e Larry Sanger: persone che hanno iniziato a lavorare, senza alcuna finalità economica, su progetti che nel corso degli anni, grazie anche al contributo di tante altre persone, hanno dato vita rispettivamente al kernel Linux e all’enciclopedia online Wikipedia.
Pink illustra quali siano i fattori motivanti “estrinseci”, quelli “intrinseci” e quando sia bene applicare i primi o affidarsi ai secondi, mettendo in evidenza come le persone che svolgono attività ripetitive siano più motivate ad eseguire quel tipo di lavoro se vengono incentivate da un compenso di tipo economico (motivatore estrinseco).
Infatti il metodo premiante “Se… allora…” funziona molto bene in quei casi in cui le persone sono chiamate ad eseguire operazioni meccaniche del tipo “se fai anche queste 100 fotocopie allora riceverai 30€ extra”, “se metterai in ordine quegli scaffali (allora) guadagnerai 50€ in più”, “se finirai di consegnare tutti i pacchi potrai uscire prima”.
Essendo attività ripetitive e meccaniche non ci attendiamo che vengano eseguite con un un’alta attenzione alla qualità. La persona che si troverà a compiere quell’azione cercherà di eseguirla il prima possibile e con il minor sforzo visto che il suo unico scopo sarà guadagnare quei 50€ in più, ad esempio, anziché ordinare gli scaffali in modo perfetto.
D’altro canto, in quei contesti in cui è richiesta l’applicazione di conoscenze, creatività e intelletto - ad esempio un architetto coinvolto nella progettazione di una casa, uno scrittore a cui è chiesta la stesura di un nuovo libro o uno sviluppatore software impegnato nella realizzazione di un’applicazione web - i fattori motivanti estrinseci illudono di essere uno strumento per ridurre i tempi di realizzazione, ma in realtà nascondono un effetto dannoso di cui ci renderemo conto, pesantemente, solo in seguito. Se si chiede all’architetto di chiudere il progetto 2 settimane prima del previsto, a fronte di un lauto riconoscimento economico (“Se… allora…”), lo si invoglia ad accaparrarsi la somma di denaro promessa anziché finalizzare la progettazione in maniera adeguata in modo da evitare, al momento della realizzazione del progetto, conseguenze spiacevoli quali ritardi e costi.
Nel caso di attività creative e cognitive la persona è motivata dai seguenti fattori intrinseci:
- condivisione dell’obiettivo (Scopo)
- libertà per la persona di identificare gli strumenti e gli approcci che ritiene più adeguati per il suo svolgimento (Autonomia)
- possibilità di approfondimento delle conoscenze e accrescimento delle proprie competenze (Padronanza, abilità).
I partecipanti all’hackathon si sono iscritti con l'obiettivo di dare un contributo per far ripartire il settore del turismo, lavorando in autonomia nella scelta di tecnologie, approcci e competenze e acquisendo maggiore dimestichezza e confidenza man mano che l’idea stava prendendo forma. Ad oggi molti team stanno continuando a far evolvere il loro progetto, anche se la loro proposta non è stata premiata, a fronte di un obiettivo chiaro e condiviso, di una libertà d’azione e di scelte e di una costante crescita di competenze (siano esse di dominio o tecniche).
Una persona, in generale, sarà molto più motivata se avrà modo di lavorare in autonomia per dare il proprio contributo al raggiungimento di un obiettivo ben definito e, al tempo stesso, potrà crescere in conoscenze e competenze.
Diversamente, ci si dovrà aspettare una poca partecipazione da coloro che riceveranno solo indicazioni dettagliate sul “cosa” e sul “come” deve essere fatto un lavoro senza nessuna spiegazione del “perché”.
Se abbiamo la responsabilità di una o più attività, di uno o più team, è fondamentale avere chiara la differenza tra quali siano i fattori motivanti e quelli che invece provocherebbero effetti controproducenti sia alle persone che ai risultati.
Conclusioni
In questo periodo di alta diffusione dello smart working sarà ancora più necessario condividere chiaramente con le persone che sono impegnate in un lavoro quali siano gli intenti della loro attività, abilitandole a svolgerla al meglio e supportandole nella continua crescita: solo così potremo aspettarci un completo coinvolgimento con conseguenti risultati di qualità.
Per approfondire
- Come viaggeremo nell’estate del COVID? Le risposte di HackForTravel, il primo hackathon online sul turismo.
- HackForTravel, l'arazzo e il vento permanente
- Dan Pink - Drive: The Surprising Truth About What Motivates Us
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