Cosa si intende con User Research, User Experience e User Interface Design?

Intervista a Raffaele Boiano

Avanscoperta: Ciao Raffaele, ben ritrovato sulle pagine di questo blog! 🙂

Raffaele: Sbagliare una volta è ammissibile. La seconda è un indizio di colpa.

Avanscoperta: Esperto di UX/Design, docente universitario, fondatore di un’azienda di Design, antropologo (o meglio, Hackntropologo!) e, last but not least, trainer Avanscoperta… quale job title descrive meglio ciò che fai?

Raffaele: Quando sento gli altri riferirsi a me con i job title quasi non mi riconosco. Io mi considero un artigiano curioso.

La curiosità… uno dei motori della vita.

Avanscoperta: Delle cose solitamente si sa come iniziano, ma non come vanno a finire. Qual è stato il tuo primo contatto “serio” con il mondo del Design?

Raffaele: Nel 2000 lavoravo per Venere.it come developer e, molto in linea con l’epistemologia del senso comune, consideravo la parola design come un sinonimo di forma, collegata quindi solo agli aspetti di look & feel di un artefatto.
Ci sono voluti quasi 6 anni e 5 posti di lavoro diversi per farmi cambiare progressivamente prospettiva.
L’epiphany più forte verso la strada della progettazione centrata sulle persone è del 2006, quando il mio capo a San Francisco mi disse di chiudere il computer e andare con lui a un vernissage visto che dovevamo progettare il sito di un evento d’arte.
Capii che progettare era molto di più che scrivere codice o aprire un software di grafica bitmap.

Avanscoperta: Come detto sei anche docente universitario. Che cosa insegni, e in che modo l’università (in generale) si propone di colmare il gap tra mondo degli studi e mondo del lavoro?

Raffaele: Insegno User Experience Design presso la Scuola del Design del Politecnico di Milano.
Il corso di laurea magistrale dove insegno si chiama Product, Service & System Design ed è molto ambizioso perché abbraccia tanti contesti diversi nei quali l’innovazione design driven può generare valore.
Ogni anno ho quasi 90 studenti internazionali, molti di loro esprimono una grande passione per il nostro ambito e sono fortunato perché li considero uno stimolo continuo per mettere in discussione le cose in cui credo.
Negli ultimi 2 anni molti studenti del mio corso hanno fatto esperienze di lavoro curricolari. Penso che il career service del Polimi sia un buon modello da seguire per come sa mettere in contatto studenti e contesti dove loro possono provare a esprimere il loro potenziale.

Avanscoperta: Sfatiamo subito alcuni miti: qual è la differenza tra UX e UI?

Raffaele: Soffro sempre a vedere questi acronimi perché è come se la parola design fosse elisa o data per scontata.
Raccolgo comunque la tua provocazione e provo a rispondere a questa domanda una volta per tutte: User Interface Design si occupa di progettare tutte le caratteristiche delle interfacce (digitali, analogiche, vocali, naturali etc) con le quali interagiamo.

Ma le nostre esperienze individuali e situate con un prodotto o un servizio non dipendono solo dall’interfaccia, ma da molti altri fattori come ad esempio il contesto, i processi e le policy in vigore.

Faccio un esempio che ho usato in classe pochi giorni fa: la UI del sito di Amazon non è cambiata così tanto negli ultimi 10 anni, eppure quello che c’è sotto la linea della visibilità è cambiato moltissimo, visto che oggi posso ordinare qualcosa e riceverlo in giornata (processi di ottimizzazione della logistic chain) oppure posso lamentarmi se non ho ricevuto qualcosa e ottenere un rimborso senza dover avere l’onere della prova (policy).
Questi fattori, a parità di interfaccia, cambiano radicalmente la mia esperienza con quel servizio e la fiducia che nutro verso quell’azienda.

User Experience Design è quindi un approccio più olistico, human centered, che mira a studiare le esperienze che le persone vivono o ricordano di un prodotto/servizio/sistema al fine di raccogliere opportunità di miglioramento e indirizzare gli investimenti in innovazione.

Spesso l’innovazione è legata all’interfaccia, altre volte non lo è. Vorrei chiarire che un UX designer non progetta le esperienze delle persone: le esperienze sono individuali e fortemente situate (legate a variabili di contesto). 20 persone diverse hanno 20 esperienze diverse pur frequentando la stessa lezione in classe.
Il ruolo di un UX designer è agire su tutti gli elementi di contesto possibili per offrire risposte migliori ai bisogni delle persone, per garantire gli obiettivi di un’organizzazione individuando opportunità di miglioramento che siano economicamente sostenibili e tecnicamente realizzabili.

Avanscoperta: Raccontaci di una volta in cui un’azienda ti ha contattato per mettere mano a un progetto o a un business già avviato per modificarlo in chiave più user-friendly?
Quanto è difficile mettere mano a qualcosa di già up and running piuttosto che partecipare alla creazione di un prodotto da zero?

Raffaele: Credo che sia più difficile fare un prodotto da zero. Quando hai qualcosa di up & running hai dei dati di business, una baseline rispetto ad alcuni KPI e, facendo una buona discovery, puoi valutare il miglioramento in termini di ritorno progressivo sugli investimenti.

Quando fai qualcosa da 0 non sai se c’è mercato per il servizio che stai immaginando, non hai dati del passato sui comportamenti di possibili prospect o clienti.
A giugno 2017 ci ha contattato Mario Sechi con l’idea di pensare insieme a noi un servizio editoriale diverso da tutti gli altri.
Quel giorno portò con sé “Da zero a uno”, il libro dove Peter Thiel dice che la sfida più difficile è arrivare ad avere il primo utente.
Capimmo subito che sarebbe stata una bella sfida innovare in un settore dove tutti i player registrano perdite pluriennali ma oggi, a soli 5 mesi dal lancio del servizio, i numeri oggi ci stanno dando ragione.

Avanscoperta: A proposito di internet e computers… Ormai parole/calchi come usabilità e user-friendly, specialmente se riferite a siti internet e servizi online, sono all’ordine del giorno.
Quanto è stato fatto finora, e quanto resta ancora da fare, per rendere più semplice la vita delle persone che ogni giorno si collegano a internet?

Raffaele: L’attività di rendere più friendly qualcosa non credo cesserà, soprattutto perché cambia continuamente il contesto nel quale interagiamo con le cose e quindi cambia la nostra percezione di facilità.
Alcuni servizi famosi alzano l’asticella delle aspettative quindi se oggi hai una banca che per aprire un conto corrente online ti chiede un documento e ti fa aspettare 10 giorni per te può essere percepito come frustrante, solo pochi fa era la norma. Io non sono preoccupato di questo, sono più preoccupato per il fallimento di alcune iniziative per combattere il digital divide.

Avanscoperta: Il tuo lavoro ti porta spesso all’estero (l’azienda fondata da Raffaele, Fifth Beat, ha sede anche a Berlino). Quali le maggiori differenze tra Italia e resto d’Europa in tema UX Design?

Raffaele: All’estero devo spiegare meno il lavoro che facciamo. Riscontro più maturità e fiducia rispetto al valore che l’innovazione attraverso design può avere per un’organizzazione.

Avanscoperta: Altro concetto chiave è quello di User Research. Cosa si intende precisamente quando si parla di User Research, e perché se ne sente parlare sempre più spesso?

Raffaele: User Research è il termine ombrello che racchiude tutte le attività che vengono condotte per raccogliere e analizzare informazioni su come le persone percepiscono, vivono, ricordano le loro esperienze.
Un designer usa quotidianamente tecniche mutuate dalla ricerca socio-antropologica, dalla statistica e dagli studi di mercato per collezionare nel più breve tempo possibile informazioni che ridurranno il rischio di una progettazione autoreferenziale.

Avanscoperta: Parliamo ora di intervista narrativa. A cosa dobbiamo questa definizione quasi letteraria (“narrativa” porta alla mente i libri, i romanzi, un mondo letterario, appunto)? In cosa consiste la narrazione?

Raffaele: Mi fai una domanda alla quale dei studiosi come Greimas, Propp, Barthes e Bakthin hanno dedicato la vita.

Distinguiamo 3 parole: racconto, storia e narrazione.
Il racconto è l’enunciato narrativo, il discorso orale o scritto che assume la relazione di un avvenimento o di una serie di avvenimenti. Per chi ha studiato semiotica o linguistica, è un network specifico di significanti.
La storia invece È l’oggetto del discorso, il contenuto della nostra enunciazione. Per i formalisti russi ha delle tappe fisse ed è composta da eventi (azioni e avvenimenti) ed esistenti (personaggi e ambienti).
La narrazione è il processo, la performance di enunciazione. Non è quello che si racconta, né come, ma consiste nel fatto che qualcuno racconta qualcosa: l’atto del narrare preso in se stesso. Se questo filone di studi ti stimola il testo più illuminante è un piccolo saggio di Walter Banjamin che si chiama, appunto, “ll narratore”.

Avanscoperta: Quando l’intervista narrativa diventa lo strumento “perfetto” per la User Research? Raccontaci la tua esperienza in questo senso.

Raffaele: L’intervista narrativa individuale, non strutturata o semi-strutturata, in profondità, funziona se la ricerca vuole indagare motivazioni, credenze, atteggiamenti, significati/simboli, valori e l’ambito della loro produzione/elaborazione: il vissuto temporale.

Avanscoperta: Uno dei presupposti di una qualsiasi intervista è la situazione di asimmetria tra chi fa le domande e chi risponde. Hai mai assistito a uno scenario in cui l’intervistatore diventa l’intervistato? Come è andata a finire?

Raffaele: Ci sono stati anni nei quali il mio lavoro principale era intervistare le persone.
Ho un cassetto pieno di storie su interviste andate male e una l’ho anche raccontata nel libro Doorbells, Danger, and Dead Batteries curato da Steve Portigal.
Ricordo un’intervista al capo delle risorse umane di una banca che si è seduto iniziando a farmi domande lui a me, come se io mi fossi candidato a una posizione di lavoro.

Avanscoperta: Raffaele è autore di un workshop di un giorno dal titolo “User Research Workshop: l’intervista narrativa in profondità”. Raccontaci la gestazione di questo workshop e a chi si rivolge.

Raffaele: Questo workshop è il distillato di oltre 10 anni di esperienza in user research e si rivolge a tutti coloro che vogliono raccogliere informazioni per innovare prodotti e servizi.
Ho pensato questo workshop la prima volta nel 2012 e da allora ogni anno mi sforzo di migliorarlo, portando dentro temi nuovi.

Avanscoperta: Ci sono dei pre-requisiti specifici per poter seguire il corso?

Raffaele: L’unico pre requisito necessario è essere curiosi verso gli altri. Se io sto intervistando delle persone che assistono a una gara di surf su una spiaggia (caso reale di una ricerca fatta per Quicksilver) e non m’interessa affatto chi sono e quello che pensano, difficilmente saprò condurre una buona intervista finalizzata alla raccolta di informazioni utili al progetto.

Avanscoperta: Dicci il tuo segreto per rendere i tuoi training, e le tue lezioni, memorabili.

Raffaele: In tutta umiltà, non sono sicuro che le mie lezioni siano memorabili.
Dovreste chiederlo alle persone che le frequentano. Io ci metto tutto me stesso e le preparo con attenzione.
Da persona che fa design centrato sulle persone, qualche giorno prima del corso mando una survey alle persone che si sono iscritte per raccogliere informazioni che mi aiutano ogni volta ad adattare il workshop ai partecipanti. Questo riduce il rischio di insuccesso ma non garantisce la memorabilità.

Avanscoperta: Sto leggendo la scheda e sto per acquistare il biglietto… dimmi qualcosa che mi convinca del tutto. 🙂

Raffaele: Se vuoi comprendere il punto di vista delle persone che usano i prodotti e i servizi che realizzi, questo workshop è un’occasione per imparare una tecnica versatile e a basso costo.

Avanscoperta: Cosa ti piace fare nel tempo libero?

Raffaele: Dedico il tempo libero alla famiglia, agli amici e ad alcune passioni come il rugby e il cinema.
Questa domanda tocca un mio nervo scoperto perché la verità è che negli ultimi 5 anni il mio tempo libero si è decimato e questo è un aspetto sul quale mi sto interrogando molto.
Credo che per noi knowledge workers la vera ricchezza sia avere a disposizione un tempo quotidiano fuori dalle operations dei progetti nei quali siamo coinvolti, per interpretare il presente e pensare più in là della prossima scadenza. Il fatto che io stia rispondendo a questa intervista di domenica e di sera è un atto di accusa verso me stesso, perché vuol dire che non ci sono ancora riuscito.

Avanscoperta: In chiusura toglici una curiosità: cosa si cela dietro il tuo Twitter handle @rainwiz?

Raffaele: Ho firmato il mio primo contratto con un provider nel 1996, quando la privacy era una cosa tenuta in alta considerazione e sulle BBS ci si chiamava solo per nickname.
Scelsi rainwiz che è la crasi di rain wizard, un’espressione che mi lega a un’esperienza speciale fatta a 14 anni che non ti racconterò.

Avanscoperta: Grazie per questa bella intervista, Raffaele! Ci vediamo in aula a Bologna il 9 Luglio. L’ultima domanda è “libera”: chiusura a tuo piacere!

Raffaele: Il momento Marzullo non me lo aspettavo.
Lo sfrutto per fare io delle domande a voi, che vi occupate egregiamente di formazione da molti anni. Come sarà la formazione tra 5 o 10 anni?
Avremo ancora il concetto di corso o di università? Io sto seguendo con interesse questo dibattito e vi invito a partecipare all’education hackathon che delle belle persone stanno organizzando il 23 giugno prossimo a Roma.

Pic Credits: Unsplash: Rawpixel, Nick Karvounis, Glen Noble.

La lista completa dei nostri corsi: Avanscoperta Workshops.